martedì 21 febbraio 2017

Tabacchine istriane esuli a Firenze, conferenza a Udine

L’esodo giuliano dalmata è stato al centro di un incontro pubblico realizzato per il Giorno del Ricordo.. Il 20 febbraio 2017, ore 17,30, il professore Elio Varutti, componente del Consiglio Esecutivo dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD) Comitato Provinciale di Udine, ha presentato la conferenza intitolata “Le Tabacchine istriane esuli alla Manifattura Tabacchi di Firenze”.
Udine, Elio Varutti alla conferenza. Fotografia di LL

L’evento si è potuto svolgere grazie alla collaborazione con l’ANVGD di Arezzo, dato che il suo delegato provinciale, Claudio Ausilio, ha fornito allo studioso friulano fotografie e notizie sulle operaie della Manifattura Tabacchi di Pola. L’organizzazione dell’evento è stata curata da Angelo Rossi, presidente dell’Associazione Toscani in Friuli Venezia Giulia, presso l’aula T5 del Palazzo di Toppo Wassermann in Via Gemona 92, nella Scuola Superiore dell’Università degli Studi di Udine.
«Sin dalle mie prime interviste sull’esodo istriano, da Fiume e da Zara – ha detto Elio Varutti – mi sono accorto che i racconti avevano qualcosa di incredibile, come si faceva a dare ascolto a certe notizie? Sembravano delle esagerazioni, come quella di vivere tra le pareti di cartone nel Centro Raccolta Profughi di Via Guelfa a Firenze».
Udine, Elio Varutti e Angelo Rossi. Fotografia di LL

Varutti ha riportato la «testimonianza di Miranda Brussich vedova Conighi (Pola 1919-Ferrara 2013), intervistata a Ferrara il 29.12.2003 e il 2.01.2004. Ecco le sue parole: a Firenze da Pola, dove iera i inglesi, xe rivada Zia Maria Zanetti, perché trasferida nella Manifattura Tabacchi. Iera un vecio fabricado vodo adibido ai profughi. Gaveva fato i divisori coi cartoni. Le gà abitado lì per qualche anno».
Poi si è scoperto che molti altri profughi raccontavano questi fatti e allora erano veri. Myriam Andreatini Sfilli proprio sulla vita tra i cartoni ha scritto un libro nel 2000.
Perché i profughi scappavano o si trasferivano dall’Istria, Fiume e Dalmazia?  C’è l’esodo per evitare le violenze degli iugoslavi, come l’uccisione nelle foibe (voragini del Carso). Gli iugoslavi sono spinti dal sentimento di vendetta per le atrocità patite nella guerra fascista e per la pulizia etnica voluta da Tito.
Fotografia di EV

Quanti sono i profughi italiani d’Istria, di Fiume e della Dalmazia? Secondo il libro del 1990 di padre Flaminio Rocchi sono 350 mila. Il professor Raoul Pupo, dell’Università di Trieste, nel 2005, fissa la cifra a 250 mila, in base ai dati dell’Opera Profughi. Ma il balletto delle cifre continua. Sono 230 mila, secondo Amedeo Colella, nella sua relazione del 24.02.1956. Egli ritiene che il 15% della popolazione sfugga al censimento stimando in 270 mila i profughi istriani e dalmati, sempre coi documenti dell’Opera Assistenza  Profughi Giuliani e Dalmati. Vedi: Roberta Fidanzia e Angelo Gambella, 2013. A questi dati, pur raccolti con criterio scientifico, sfuggono coloro che non si sono fatti annotare nei servizi dell’Opera Profughi e tutti coloro che, per orgoglio o per altri motivi, non hanno richiesto il riconoscimento di profugo. E non sono pochi. Quindi la cifra di F. Rocchi torna di attualità.
Quante sono le vittime delle foibe? Nel 2010 secondo un libro di Guido Rumici il massacro è di 4-5 mila italiani, donne, vecchi e bambini inclusi. Giuseppina Mellace, nel 2014, scrive che nel periodo 1943-1945 «ben 10.137 persone [sono] mancanti in seguito a deportazioni, eccidi ed infoibamenti per mano jugoslava» (pag. 236).
L'ingegnere Sergio Satti, per 40 anni vice presidente dell'ANVGD di Udine, racconta che un suo zio si salvò dalla foiba perché un conoscente di Barbana disse che parlava con lui in  croato.
 Fotografia di LL

Ecco altre testimonianze raccolte da Varutti. Armando Delzotto, esule da Dignano d’Istria, ha raccontato a Nicolò Giraldi (vedi il «Messaggero Veneto» 5.2.2017): «Da Dignano partiva il treno denominato delle Tabacchine, visto l’alto numero di donne che di mattina andavano a lavorare alla fabbrica Tabacchi di Pola».
Poi ancora: «Giorgio Gorlato, esule da Dignano, ha detto: Mia Zia Domenica Bilucaglia, detta Minina, era caporeparto alla Manifattura Tabacchi di Pola e fu trasferita a Lucca, dove lavoravano fino a 600 dipendenti nel 1947. Zia Minina aveva queste qualifiche in Manifattura: maestra, ricevitrice al controllo e ispettrice».
Si deve sapere che in Toscana funzionarono 14 Centri Raccolta Profughi (CRP) dei 140 aperti in tutta Italia. Erano attivi in queste località. A Marina di Massa, dal 1947, contro gli istriani ci furono delle fucilate degli anarchici e una sommossa femminile. «Siamo arrivati a Marina di Massa – ha detto Franco S. – e ci han messo in un angolino con tre materassi distesi per terra». I profughi di Migliarino Pisano, visto il rischio inondazione alle tende, furono evacuati a Tirrenia.
Altri CRP erano a Marina di Carrara, Forte dei Marmi (provincia di Lucca), Tirrenia (Pisa), Calambrone (Pisa), Carrara, Coltano (Pisa), Arena Pisana, San Giuliano Terme (Pisa), Livorno, Laterina (Arezzo) e Siena.
Udine, pubblico attento sul tema delle Tabacchine istriane. Fotografia di GG

Il CRP di Lucca, si riempie anche di sfollati garfagnini e versiliesi; chiude nel 1956. A Firenze era attivo un CRP nella vecchia Manifattura Tabacchi di Via Guelfa. «Al campo di Firenze – ha detto Luigi P. – c ‘era la mensa... Si andava con una pignatta e si prendeva: eri in quattro in famiglia, e ti davano quattro porzioni, quattro panini, quattro mele. E questo era così a Firenze. Che a Firenze siamo stati tre o quattro mesi».
C’è da dire, inoltre, che la Toscana che accolse i profughi friulani e giuliani nel 1917, dopo la rotta di Caporetto.
Angelo Rossi e Sergio Satti. Fotografia di EV

Le Tabacchine istriane in Toscana
Le Tabacchine di Pola e di Rovigno furono spostate soprattutto a Firenze e Lucca. Relativamente ai provvedimenti emanati in favore dei profughi che hanno riflessi sul loro inserimento lavorativo, occorre citare il decreto legge n. 520 del 23 dicembre 1946, rivolto agli impiegati e ai lavoratori statali per i quali il Governo italiano predispone - come recita il documento - il riassorbimento lavorativo, con le stesse mansioni, “nei corrispondenti uffici sparsi per l'Italia” (E. Miletto, 2012).
Emblematico in tal senso appare quanto avviene per i lavoratori dei Monopoli di Stato, in favore dei quali il 30 agosto 1948 viene promulgata una circolare che garantisce il reintegro nelle Manifatture Tabacchi italiane di tutto il personale che, come recita il testo del documento, “si sia trasferito nel territorio nazionale durante il periodo di assestamento della zona giuliana” (E. Miletto, 2005). Tali ricerche sono state diffuse dall’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea "Giorgio Agosti" (Istoreto) di Torino.
Fotografia di GG

La documentazione conservata presso l’Archivio della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ufficio Zone di Confine - contiene importanti riferimenti al trasferimento dei lavoratori dalla Manifattura Tabacchi di Pola ad altre Manifatture attive sul territorio italiano. Personale che - come si legge in una nota di servizio redatta dal direttore generale dei Monopoli di Stato il 15 gennaio 1947 e inviata al Ministero dell'Interno - sarà trasferito “verso le fabbriche di Firenze, Lucca e Sestri Ponente in forti nuclei, e verso altri opifici in gruppi di piccola entità”. Si tratta - continua il documento - di circa 2.000 unità, delle quali “580 confluiranno a Firenze, 400 a Lucca e 420 a Sestri Ponente”, mentre le altre saranno “inviate in centri minori” (PCM, Archivio UZC).
Dopo aver informato del prossimo arrivo dei lavoratori, il direttore dei Monopoli di Stato invita il Ministero a “interessare i prefetti delle Province di Firenze, Lucca e Genova”, al fine di poter “assicurare ai profughi la migliore possibile assistenza onde permettere loro una prima sistemazione di fortuna.” (PCM, Archivio UZC). Un passaggio, quello della sistemazione dei nuovi arrivati, che non sembra essere però di semplice attuazione. Si veda, ad esempio, in senso negativo quanto avvenuto a Genova, Verona e Milano.
 Elio Varutti. Fotografia di LL

Manifatture Tabacchi in Istria
La Manifattura Tabacchi di Rovigno è del 1872. Sull’isola di Sant’Andrea, infatti, sorse la fabbrica Tabacchi. Era  il 16 agosto, presente il podestà Campitelli, il primo reparto per la lavorazione del tabacco viene aperto nella vecchia caserma, adattata allo scopo, di Via San Damiano.
Maria Grisanaz era la mamma di Francesco Tromba, esule da Rovigno d’Istria e autore di un libro premiato a Firenze nel 2016. Grisanaz lavorava alla Manifattura Tabacchi di Rovigno; fu poi trasferita a Bari e Mestre. Il padre dell’autore era Antonio Giuseppe Tromba, nato a Rovigno d’Istria il 26 giugno 1899. Dalla “cardensia” alla foiba. Sette partigiani titini prelevarono Antonio Tromba il 16 settembre 1943. Il tale Abbà, aprendo uno sportello della “cardensia” (mobile della cucina) disse: «El xe qua, el xe qua, vien fora merlo». Fu ucciso e gettato nella foiba di Vines, come indicarono le donne del paese, sia al tempo che nel 2003. Anche lui lavorava alla Manifattura Tabacchi di Rovigno.
Un’altra fonte delle ricerche di Varutti è stata Maria Millia, esule a Udine, pure lei lavorava alla Manifattura Tabacchi di Rovigno.
Fotografia ripresa da Facebook nel gruppo "Essere italofoni TM" e postata da Ellis Tommaseo, di New York, che ringrazio per la riproduzione

L’ingegnere Sergio Satti, vice presidente dell’ANVGD di Udine per 40 anni fino al 2016, ha ricordato che una sua zia lavorava alla Manifattura Tabacchi di Pola. Una notizia curiosa, infine, è che esisteva, nel 1922 a Pola, il giornale umoristico «La Tabacchina», come ha scritto Giusto Mainardis nel 1972.
Fondata il 30 maggio 1920, la Manifattura Tabacchi di Pola fu inaugurata il 3 luglio 1923, come ha scritto Raul Marsetič. La manifattura fu collocata nell’imponente immobile dell’ex caserma di fanteria dell’esercito austriaco sulla Riva a cui, un decennio dopo, fu affiancato un nuovo edificio sull’area dell’ex autoparco militare. Si trattò di un’attività produttiva di grande rilevanza per la città, dato l’elevato numero di maestranze impiegate, in gran parte femminili. Le attività produttive continuarono, con delle interruzioni per danni di guerra in seguito ai bombardamenti del 1944, fino all’inverno del 1947, e lo stabilimento fu definitivamente chiuso dalla nuova amministrazione jugoslava il 16 settembre 1947.
Elio Varutti. Fotografia di LL

A Zara operano 7 manifatture tabacchi
L’industria Tabacchi V. Caravassilis produceva sigarette della marca stessa. La Fabbrica Sigarette Diadora produceva sigarette delle marche "Diadora" e "Radio". Fu assorbita dalla Manifattura Zaratina Sigarette. Poi si ricorda la Manifattura Sigarette e Tabacchi Grima, che produceva sigarette della marca "Grima".
La Manifattura Zaratina Tabacchi e Sigarette N. Peristeridis produceva sigarette delle marche "Calypso" e "Samos". Nel 1922 cambiò nome e divenne “Manifattura Zaratina Sigarette" e nel 1928 fu acquistata dall’industriale zaratino Antonio Zerauschek.
La quinta industria da ricordare era la Manifattura Tabacchi C. P. Pavlidis, che produceva sigarette delle marche "Brillante", "Capriccio", "Omega", "C. Pavlidis", "Extra Fine", "Super Extra". Il 27 Novembre 1945 il tribunale del popolo del distretto di Zara decretò la confisca della manifattura tabacchi e di tutti i beni dei 3 comproprietari (Ivano, Costantino e Ljubica Pavlidis), giudicati colpevoli di collaborazionismo.
La Società Italiana Tabacchi, poi confluita nel dicembre 1926 nella Manifattura Tabacchi Orientali,  produceva sigarette delle marche "Milano", "Roma" e "Venezia". Ecco, infine, la Manifattura Tabacchi Orientali, che era direttamente controllata dallo stato italiano con una quota di maggioranza.
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Redactional e networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti, in collaborazione con E. Varutti. Fotografie di Leoleo Lulu (LL), E. Varutti (EV), Angelo Rossi (AR) e Giorgio Gorlato (GG).
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Parte del pubblico in aula T5. Fotografia di AR

Riferimenti bibliografici e ringraziamenti

- Myriam Andreatini Sfilli, Flash di una giovinezza vissuta tra i cartoni, Trieste Alcione, 2000.
- Roberta Fidanzia, Angelo Gambella, Il censimento dei profughi adriatici nelle carte dell’Opera Assistenza  Profughi Giuliani e Dalmati, «Rivista di Storia e Cultura del Mediterraneo», 2, 2013.
- Nicolò Girladi, “Il richiamo dell’Istria diventa forte col tempo anche se vivi lontano”, «Messaggero Veneto» 5 febbraio 2017, p. 47.
- Giusto Mainardis, "Il carattere italiano del giornalismo in Istria", in Lucio De Panzera (redattore), Histria, Numero unico dedicato ala civiltà istriana e dalmata, Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia, Comitato Provinciale di Trieste, Trieste, 1972, pp. 589-594.
- Raul Marsetič, “La Regia Manifattura Tabacchi a Pola”, «Quaderni», XXVII, Centro di ricerche storiche – Rovigno, 2016, p. 81-139.
- Giuseppina Mellace, Una grande tragedia dimenticata. La vera storia delle foibe, Roma, Newton Compton, 2014.
- Guido Rumici, Infoibati. I nomi, i luoghi, i testimoni, i documenti, Mursia, Milano (prima edizione: 2002), 2010.
- Francesco Tromba, Pola cara, Istria terra nostra, Storia di uno di noi esuli istriani, Trieste, 2013, 7.a edizione, premio Firenze 2016.


Udine, Università, Elio Varutti. Fotografia di AR


Sitologia




 Udine, Università, Elio Varutti. Fotografia di GG


Udine, Università, Elio Varutti. Fotografia di GG

Fotografia ripresa da Facebook nel gruppo "Essere italofoni TM" e postata da Ellis Tommaseo, di New York, che ringrazio per la riproduzione

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