domenica 17 gennaio 2016

Recensione a La comunità sacrificata, di Silvano Sau, di Isola d'Istria

A vederlo sembra un malloppo, ma è un libro fatto bene. Oltre agli storici,  potrà interessare anche sociologi dell'educazione, perché contiene l'esposizione di vari problemi didattici in campo linguistico. Poi si trova anche la soluzione.

Si tratta di un saggio documentario di grande rilevanza e di valore didattico. Il titolo preciso del libro è «La comunità sacrificata. Il Comitato Misto Italo-Jugoslavo 1955-1973». Ne è autore Silvano Sau, per la casa editrice “Il Mandracchio” di Isola d’Istria (Slovenia), 2015, pp. 290.
Il testo contiene i verbali delle venti riunioni del Comitato Misto Italo-Jugoslavo che fu attivo dal 1955 al 1973. Tale comitato fu istituito in base all’articolo 8 dello Statuto Speciale per le reciproche minoranze di Italia e Jugoslavia. Esso era allegato II al Memorandum d’Intesa firmato a Londra il 5 ottobre 1954 dai rappresentanti d’Italia, Regno Unito, Stati Uniti d’America e Jugoslavia.
Le rispettive minoranze sono appartenenti al cosiddetto Territorio Libero di Trieste (TLT), disciolto appunto il 26 ottobre 1954, mandando a casa i “Bacoli”, ossia i militari inglesi e i loro sottoposti, tra i quali trovò lavoro anche qualche istriano e qualche triestino. Erano chiamati Bacoli dal popolo, poiché il loro elmetto scuro in contrasto con la divisa chiara e il fisico asciuttissimo – come per tutti nel dopo guerra – li faceva paragonare a degli insetti, tipo gli scarafaggi, appunto.
Il TLT era diviso in due parti. La Zona A esclusi i colli di Muggia, che passò all’amministrazione italiana, mentre la Zona B inclusi i colli di Muggia fu annessa definitivamente alla Jugoslavia. È molto curioso che l’autore abbia dovuto tradurre i testi dei verbali dal serbo croato all’italiano, poiché il corrispondente testo in lingua italiana (quasi come in un mistero) non è reperibile per gli studiosi dell’una o dell’altra parte.   
La comunità sacrificata è quella italiana dell’Istria del Nord-Ovest. Si tratta di un gruppo etnico preciso costituito dagli esuli e dai rimasti. Tutti costoro furono sacrificati, come scrive l’autore, da  «coloro che avevano contribuito a progettare e a realizzare – vinti e vincitori – un territorio etnicamente pulito, cancellando storie di vita e di morte, di tradizioni e di culture costruiti nei secoli e nei millenni». Si riafferma, quindi anche nella letteratura di oltre confine, nella fattispecie quella slovena, la teoria della pulizia etnica svolta dai titini, col beneplacito della Repubblica Italiana, degli USA ed alleati, il tutto per non suscitare le ire di Tito, che nel culmine della guerra fredda, si stava differenziando politicamente dall’URSS.
Dalla lettura dei verbali si può riscontrare una differenza di trattamento delle minoranze reciproche. C’è un gran da fare per gli sloveni residenti in Italia, mentre c’è poca “trippa per gatti” riguardo agli italiani d’Istria. Anche a tale livello non si voleva scomodare Tito, il futuro leader dei paesi non allineati? Dalla lettura del volume si può trovare un grande riscontro nel campo dell’educazione e dell’istruzione. Allora si tratta di un testo basilare per tutti gli studiosi del confine dell’Alto Adriatico, soprattutto per chi opera in campo educativo. 
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Silvano Sau, La comunità sacrificata. Il Comitato Misto Italo-Jugoslavo 1955-1973, “Il Mandracchio”, Isola d’Istria (Slovenia), 2015, pp. 290.

ISBN 978-961-6391-30-6
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Una versione di tale articolo è apparsa su friulionline il 17 gennaio 2016 col titolo La comunità sacrificata